Note di Sala

L’IMPROVVISAZIONE E IL CASO IN MUSICA

L’uso del caso in musica ha origini antiche, basti pensare ai divertimenti mozartiani legati alla fascinazione per gli automi musicali, ma è con Marcel Duchamp che nel Novecento artistico, in particolare per la profonda influenza che l’artista francese avrà nell’opera di John Cage, si ha la sua massima presenza a partire da una brevissima composizione musicale dello stesso Duchamp, del 1913, intitolata: “Erratum Musical”. L’anartista, come amava definirsi, predispone le note all’interno di un cappello per essere estratte secondo la logica del caso ed ispirandosi a Lewis Carroll nell’uso di operazioni casuali è alla ricerca di una bellezza dell’indifferenza. La stessa indifferenza che porterà John Cage ad utilizzare le “chance operations” (operazioni casuali )derivate dalla consultazione dell’oracolo dell’ I Ching, ovvero il libro dei mutamenti fondamento della cultura cinese. La collaborazione con Andrew Culver, programmatore informatico e compositore, porterà Cage ad elaborare delle procedure compositive casuali a diversi livelli di controllo all’interno di un pensiero compositivo di tipo algoritmico. Si tratta dei “number pieces” in cui John Cage decide il numero degli interpreti esplicitando tale scelta nel titolo: One, Two, Three, Four etc.
La parte (non esiste partitura in quanto ogni singola parte può essere intesa come struttura temporale di eventi indipendenti tra loro) è caratterizzate da un numero determinato di forchette flessibili di tempo entro cui vengono specificati, attraverso un numero scelto secondo procedure casuali, alcuni eventi sonori.

One4 è parte dei number pieces, scritto nel 1990, è dedicato al percussionista svizzero Fritz Hauser per un organico strumentale composto da piatti sospesi e/o da tamburi. La durata del suono è determinato dal compositore secondo questo criterio: suono lungo con un attacco non udibile e suono cortissimo senza risonanza e “completely stopped”. Il piano formale risulta strutturato a fasce di suono con attacchi isolati e puntiformi. Il gesto è ridotto al suono in sé in un tempo sospeso. La percussione, irriconoscibile, è trasformata per metamorfosi in suono “quasi di sintesi”: in suono puro.
Composed Improvisation (1990) è un lavoro di composizione improvvisata per uno o più tamburi a cornice dedicato al percussionista Glen Velez. In questo caso l’interprete deve comporre il pezzo seguendo le indicazioni di Cage strutturando l’improvvisazione in tre parti con un numero di eventi e di ictus determinati secondo procedure casuali: in memoriam Marcel Duchamp. Il brano verrà eseguito contemporaneamente a One4

Endx4And (2010) di Giuseppe Giuliano per percussione e computer tape si presenta come un masterpieces nato da un lavoro di collaborazione e di dialogo “attorno e dentro” gli strumenti a percussione tutti. Il titolo è un nonsense palindromo che non da una connotazione univoca e specifica al brano. Inserito in un lavoro più ampio per voce ed elettronica dal titolo “Blues Voyage” come intermezzo strumentale. Il lavoro presenta nella sua totalità quasi tutti i principali strumenti a percussione in uso, suddivisi in base alle loro specifiche connotazioni timbriche: pelli, legni, metalli e ibridi (con uso di “oggetti trovati”) a costituire un “catalogo” personale di possibilità (essendo quasi tutti strumenti in mio possesso). Qui inteso quale arco formale unitario, la suddivisione in parti 1Y; 2S; 3G; 4V è unita organicamente dall’aggiunta di materiale da parte del solista: in questo caso attraverso un pad laptop di suoni campionati.
Il lavoro è pensato per una integrazione spaziale multipolare con diffusione multipla per 16 altoparlanti da 1 a 4 percussionisti.

L’improvvisazione libera è una pratica di dialogo che vuole integrare la dialettica composizione-interpretazione all’interno di un’idea di esecuzione come atto di pensiero e di libertà del e nel gesto a partire da un suono condiviso. Il solo vincolo è quello dello strumento quale pretesto per una ricerca costante di un asse di equilibrio.

Proiezioni sonore. Franco Evangelisti è certamente il primo e più influente compositore elettronico italiano che ha avuto il coraggio di prefigurare l’esecuzione musicale liberata dall’imperio della sola scrittura. Basterà pensare al Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza dove il ruolo di compositore-esecutore-interprete vengono a modificarsi completamente in una ricerca rivolta al suono come processo di costruzione in atto. Il brano pianistico qui proposto è di rigorosa scrittura e viene eseguito come omaggio all’autore.

One7 (1990) si inserisce nell’ultimissima fase di lavoro e di ricerca del compositore statunitense John Cage; fa parte dei “numbers pieces” (gli ultimi) dove prevale una attenzione particolarissima al tempo quale dimensione strutturale dell’esperienza dell’ascolto e chiude idealmente questo percorso compreso tra improvvisazione e caso in musica. Il brano in versione solistica per pianoforte fa parte di una composizione per 4 strumenti dal titolo Four6. La partitura si presenta come una serie di durate variabili per un totale di 30 minuti da sonorizzare a piacere, seguendo stili e forme che l’esecutore decide di volta in volta. La versione con elettronica, eseguita da Giuliano per la prima volta a Milano nel 2014, estende le possibilità sonore valorizzando a livello timbrico e spaziale l’idea del compositore.

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